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COME UN PESCHERECCIO



Come un peschereccio ormeggiato
cigola il cuore mio arrugginito
pensando a te mio dolce amore
stride come un gabbiano
di desiderio
il mio corpo affondando
nell’abisso profondo
dei tuoi occhi blu,
delle tue mani morbide tra le mie,
delle tue carezze calde come il sole.
Il mio cuore sciaborda
di nostalgia
ora che non sei qui.

Ives, 8\3\2009


CUORE LACERATO

Ho fatto la cosa giusta
ma il mio cuore è un paese lacerato.
Sprofondo nel blu dei tuoi occhi
nelle tue parole calde, avvolgenti
nel tuo corpo giovane e armonioso
nel calore che, errante, vado cercando
prima ancora nei miei ricordi.
Ives, 6\3\2009


Una nube ha avvolto il Monte Tabor il giorno che l'ho visitato in Terra Santa. Di punto in bianco ci siamo trovati in mezzo a una nuvola piuttosto umida. Ha iniziato a piovere. Quando ci è salito Gesù non c'era la basilica dove ripararsi. Ma il Monte Tabor non è solo vicino a Nazareth. Il nostro Monte Tabor lo possiamo vivere ogni settimana. Il nostro Monte Tabor è la Messa. Come gli apostoli, scelti, saliamo verso la nostra chiesa parrocchiale, prendiamo posto e assistiamo alla Trasfigurazione. Ascoltiamo nell'ascolto della Parola i Profeti e la Legge e poi incontriamo nella eucaristia l'abbraccio di Gesù luminoso. Gesù che, se sappiamo ascoltare ci indica il cammino giorno per giorno per la nuova settimana. Quanto sarebbe bello che sentissimo la stessa sensazione di Pietro che esplode: "Quanto è bello per noi stare qui!". Pietro và fuori di sè dall'euforia. Non sempre possiamo dire lo sesso per le nostre celebrazioni. Ma sta di fatto una realtà cruciale: il cristiano che non và a Messa non sa cosa si perde e dopo un pò diventa denutrito e la sua fede deforme. A noi che lo sentiamo e che viviamo così la nostra eucarisitia anche laddove sembra noiosa (e lo è per chi non la comprende)sta di fare percepire quell'entusiasmo petrino che và al di là di ogni buon senso. Forse siamo un pò pigri: si sà: salire sul monte comunque necessita un poco di fatica! Ma ne vale la pena. Fate girare la voce! (ps. la foto è originale fatta da me)
Ives


Ciao Wiwesh,

come stai? Spero tu ti sia un po’ ripreso dalle ultime vicissitudini. L’ultima volta che ci siamo visti, abbiamo parlato di religione, di libertà, di libero arbitrio, di creazione (di Dio) e di distruzione (di Satana).

E oggi mi sono chiesto: se è solo Dio che può creare, e quindi l’Avversario può solo limitarsi a distrugger ciò che è stato creato (come hai detto tu), a questo punto non riesco a capire se il Male viene compiuto dagli uomini per scelta o per corruzione da parte di Lucifero.

Ieri sera ho visto su Sky un documentario su una strage scolastica statunitense avvenuta nel 2007 (guardandolo, mi sono poi reso conto di ricordarmi l’avvenimento), durante la quale un ventitreenne coreano studente in lettere uccise 32 persone in un istituto scolastico. Magari ti ricordi l’evento. Se così non fosse, vai qua: http://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_al_Virginia_Polytechnic_Institute

Per approfondire la cosa, ho cercato ulteriori notizie su stragi avvenute in istituti scolastici nel corso della storia. Qui trovi altre informazioni schematiche: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/03/stragi-scuole.shtml?uuid=6ea1a780-0e52-11de-8d17-a3d409d4aa4c

Noi siamo dotati di libero arbitrio. Ma il male che facciamo, lo scegliamo noi o siamo portati al male da Satana? Mi chiedo se questi studenti che hanno compiuto quelle stragi hanno deliberatamente scelto di fare del male o se sono stati spinti a farlo, se Satana è intervenuto corrompendo le anime di queste persone, inducendole al genocidio. Ok, possiamo dire tante cose, ad esempio questi studenti avevano altre patologie psichiatriche ecc…, però le domande mie restano. Tecnicamente, se Dio volesse che l’uomo sia davvero libero, non dovremmo ricevere “spinte” da nessuno dei due, né da Dio né da Satana (nel bene e nel male). Dio dovrebbe quindi impedire a Satana (e potrebbe farlo, in quanto onnipotente) di intervenire, esattamente come non interviene lui. Poiché alla fine, se ci pensi, non si tratterebbe di libertà vera e propria, poiché siamo indotti all’una o all’altra sponda da un’entità più forte di noi.

Se facciamo del bene spinti da Dio, siamo comunque una marionetta. Se facciamo del male spinti da Satana, siamo comunque una marionetta. A questo punto mi chiedo dove stia la libertà dell’uomo, e mi chiedo se è giusto averla, questa libertà.

Per cui, come sono solito fare, ecco la mia domanda stupida da un milione di dollari: il ventitreenne Seung-Hui Cho ha deliberatamente ucciso 32 persone nel 2007? Oppure è stato Satana a spingerlo? La sua malattia mentale (mutismo selettivo + altre mille patologie)si è generata spontaneamente sin dall’infanzia o è stato Satana che ha deciso specificatamente di corrompere quella particolare anima sin dalla più tenera età per poi usufruirne anni dopo e commettere, tramite lui, una strage?

Come chiusura, dico questo: nel 2006 ho conosciuto, tramite il mio blog, uno scrittore italiano, Pietro Fratta (ha pubblicato alcuni libri ed ha un profilo Facebook + un blog su Splinder). C’è stato un periodo in cui ci scambiammo delle lettere via mail. Ad ogni modo non l’ho mai conosciuto di persona. Premetto che lui è credente. Alcune argomentazioni vertevano sulla “facilità” di essere credenti o atei, e ti spiego perché. E’ tanto facile, a volte, essere credenti, quando abbiamo la nostra bella vita, il nostro bel nido, dei soldi, la salute, amici casa e famiglia. E magari ringraziamo pure Dio per questo benessere. E’ una sorta di guscio ovattato, all’interno del quale potrebbe avvenire l’opposto: essere atei. E’ facile essere atei, se l’essere ateo significa discutere di religione e scienza in un salotto, con amici e conoscenti, in un bella casa, alle nostre spalle un conto in banca, salute, benessere.

Bisogna poi vedere, quando sprofondiamo nella merda più turpe, se siamo così bravi e coerenti da mantenere le nostre idee. L’ateo può magari giungere ad una tale disperazione, da non riuscire a vedere altra via se non la conversione, e iniziare quindi ad appoggiarsi alla fede, a Dio e a Gesù. Parimenti dicasi del credente: magari si ritrova in una situazione di sofferenza tale da pensare: io, che ho sempre creduto in Dio, mi ritrovo a dover vivere l’inferno ogni giorno (vuoi per un tumore, o perché ha perso la casa e il lavoro, vuoi perché la famiglia intera è morta in un incidente stradale), è questa la ricompensa per la mia fede? E quindi ha un rigetto nei confronti di Dio, talmente è disperato, tanto da diventare ateo.

Di conseguenza: quando la nostra persona è coinvolta da un dolore lancinante, da una situazione di inferno quotidiano, da una malattia oscena e distruttiva, come reagiamo? Siamo ancora pronti a discutere di Dio in un salottino con gli amici? O ci suicidiamo dal dolore? In una sola frase: predichiamo bene e razzoliamo bene, o predichiamo bene e razzoliamo male, malissimo? Come è cambiata la vita del Virginia Tech? Come stanno i parenti, oggi, di quelle 32 vittime di quel giorno del 2007? E i genitori di Seung, un’umile famiglia coreana di lavoratori impiegati presso una lavanderia, come stanno oggi? A cosa si appellano, a cosa si appoggiano? Sono cattolici? Oppure, dato che parliamo della Corea del Sud, essi sono atei? O buddisti?

Attendo riscontri.
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Ciao, Max. E grazie della discussione. Sembra che ci siano giornate a tema.. Proprio oggi ho affrontato l'argomento con i miei allievi a scuola.

Io mi sto riprendendo dalla botta. Ma è l'umore a essere un pò altalenante in questi giorni. E ti confesso che a volte situazioni come quelle che mi sono successe ultimamente mi fanno pensare molto alla mia fede. Io non sono uno che è arrivato e la mia fede a volte vacilla. Non nel senso del credere o non credere che Dio ci sia. Ma nel senso che non so se nel rapporto con Dio io sia compreso o no. Forse vivo solo dei sensi di abbandono. Ma la fede non è questione di sensazioni psicologiche. Queste seppur importanti nella nostra vita, fanno parte della dimensione dell'umano. La spiritualità va oltre e comprende anche quella dimensione. Però non ti nascondo tutte le mie fatiche. le difficoltà di relazione a volte mi impediscono grandemente. E' che però spesso non accetto i miei limiti e rischio di chiudermi. Ma ora basta parlare di me.

Veniamo alla questione del male. Ti racconto quel poco che so. Ti dico "racconto" perchè il male non lo si può spiegare. Lo si può solo raccontare. Mi riferisco agli episodi che hai citato che ricordo in parte.

"E oggi mi sono chiesto: se è solo Dio che può creare, e quindi l’Avversario può solo limitarsi a distrugger ciò che è stato creato (come hai detto tu), a questo punto non riesco a capire se il Male viene compiuto dagli uomini per scelta o per corruzione da parte di Lucifero. ... Noi siamo dotati di libero arbitrio. Ma il male che facciamo, lo scegliamo noi o siamo portati al male da Satana?"

Credo che a questa domanda la risposta sia: entrambe le cose. Nel senso che Satana induce l'uomo al male. Ma non lo può obbligare! C'è una proposta del maligno a fare il male. Così come Dio propone di fare il bene senza poter violare la libertà umana.
C'è sempre uno spazio di risposta che è assolutamente libero nell'uomo. In pratica il serpente a Eva fa la proposta, gli fa vedere gli effetti buoni (e solo quelli) dell'assaggiare il frutto. Ma la scelta finale è di Eva.
Gesù nei Vangeli fa miracoli di guarigione solo dove cè una risposta di fede. (Si, mi fido di Te, so che puoi guarirmi). Gesù ripete spesso questa frase "Và, la tua fede ti ha salvato" dopo un miracolo.
Sicuramente nei casi delle stragi che hai citato, il ragazzo che ha compiuto la strage aveva delle sofferenze di tipo psicologico non indifferenti. Eppure, laddove pure leggiamo la malattia nell'uomo, esso ha sempre un range di libertà che gli permette di dire si a una delle due proposte: il bene o il male. Immagina in questo modo. Una persona normale è libera di scelgiere il male o il bene (nel senso di rispondere a una proposta di Dio o di satana) a 360°. Un malato fisico o psichico non avrà tutto quel range di libertà. L'angolo si restringe. La malattia determina una libertà solo più di 180° o di 90°. Ma fosse anche di 10°, la persona ha un grado di libertà con la quale può scegliere di far male o bene. Questa è la grandezza, la dignità, la bellezza dell'essere umano. Noi questi confini abbiamo il dovere di tenerli sempre al massimo possibile. Ma puoi ben immaginare che un alcolista, dipendente dalla sostanza, non sarà più in grado di valutare e il suo grado di libertà sarà ristretto. Tuttavia gli resta sempre un grado di libertà sufficiente a non cadere del tutto. Chissà qual'era il grado di quel ragazzo che ha ceduto a un male così intenso...

Sta di fatto che Satana (dice San Paolo) "... come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Voi resistetegli saldi nella fede". E' questa la nostra grande libertà. Resistere a Satana o resistere a Dio.

Ora però va fatto un distinguo (che è quello che ho spiegato oggi ai miei allievi): Satana non è allo stesso livello di Dio. E il bene e il male non sono per niente allo stesso livello.
Una filosofa laica, Hanna Arendt contemporanea ha scritto un testo intitolato "La banalità del male". Un testo sui fatti della seconda guerra mondiale!
Il bene è sostanziale. Il male invece non ha sostanza. (tu dirai.. ma le stragi sono state mica inconsistenti). E' vero: il male ha delle conseguenze sostanziali. Ma non ha sostanza in sè
Cerco di spiegarmi.

Cosa è il male?
Non è qualcosa in sè. E' soltanto una MANCANZA di bene. Così come la malattia è una mancanza di salute, così come il buio è solo una mancanza di luce.
Alla luce si può dare una definizione scientifica. Raggio, fotoni ecc. Posso dire cosa essa è. Del buio non posso fare altrettanto. Posso solo constatare che è una mancanza di luce. Tanto è vero che basta una piccolissima fonte di luce per far sparire il buio. Mentre non è vero il contrario.
Il male, come il buio, fa più rumore. Il buio fa paura. Ma basta un niente per vincerlo.
Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce.
Che il male poi sia una mancanza è un classico nella letteratura. Ricordi La storia infinita di Maicheal Ende? Il regno di Fantasia è in pericolo. Nessuno dentro il regno può sconfiggere il male che lo opprime. Qualè questo male? Il Nulla! Il male non costruisce. Distrugge. Nel Signore degli Anelli, Sauron, personificazione del male.... non ha un corpo! E' solo occhio! Il male non costruisce mai nulla ma distrugge ciò che c'è di bene.
(se ti interessa un amico ha pubblicato recentemente un libro dal titolo "L'arazzo rovesciato. L'enigma del male. edito da Cittadella. Autore Andrea Monda e un altro che non ricordo con lui).

Teologicamente bisogna tenere presente che Satana è una creatura! Non ha lo stesso potere di Dio. Egli è appunto invidioso del potere creativo di Dio. Vorrebbe fare un regno tutto suo, alternativo (l'inferno) ma non potendo costruire niente, mettendosi come Avversario (=satana in greco) a Dio non può fare altro che distruggere, pervertire, la creazione di Dio. Ed eventualmente fare in modo che altri facciano come lui (ecco la tentazione!). Noi ci votiamo al male nelle piccole cose prima che nelle grandi stragi. Pensa l'invidia che talvolta proviamo ad esempio. Se la lasciamo andare in realtà non ne otteniamo niente e procuriamo solo del danno a colui che è oggetto della nostra invidia. (gli buco le gomme perchè ha la macchina più bella della mia e fa lo sborone!. .. cosa ne ottengo? gomme bucate e a me non ne viene niente se non la soddisfazione passeggera di aver creato un disagio a quello che non sopporto).
Quando io faccio il male non ne ho niente. Perchè il male in se non è consistente. E' solo una mancanza (il termine tra l'altro è sinonimo di peccato. Una pecca, una mancanza). Il male poi ci isola. Invece il bene crea relazione. Costruisce relazione.
Non sto li a farti vedere peccato per peccato capitale il fatto che sono mancanze. L'invidia è una mia mancanza di amore a me stesso. La superbia una mancanza di umiltà, la gola una mancanza di autocontrollo, ecc..

Dunque: il male è cosa inconsistente. Per questo è banale.

Ma
le conseguenze del male sono sostanziali . E le conseguenze sono sempre solo distruzione.
Bisogna poi vedere, quando sprofondiamo nella merda più turpe, se siamo così bravi e coerenti da mantenere le nostre idee. L’ateo può magari giungere ad una tale disperazione, da non riuscire a vedere altra via se non la conversione, e iniziare quindi ad appoggiarsi alla fede, a Dio e a Gesù. Parimenti dicasi del credente: magari si ritrova in una situazione di sofferenza tale da pensare: io, che ho sempre creduto in Dio, mi ritrovo a dover vivere l’inferno ogni giorno (vuoi per un tumore, o perché ha perso la casa e il lavoro, vuoi perché la famiglia intera è morta in un incidente stradale), è questa la ricompensa per la mia fede? E quindi ha un rigetto nei confronti di Dio, talmente è disperato, tanto da diventare ateo.

Certo. Le conseguenze del male mi possono portare a essere credente o ateo con una facilità estrema. Ma come vedi ecco di nuovo in una dicotomia che presuppone una scelta.
Io non sono credente perchè "mi sento" o ateo perchè "mi sento". Lo sono per scelta.
La scelta fondamentale è questa. Per dono io ho ricevuto la vita (che mi piaccia o no. Questa sarebbe una bella riflessione: siccome io non ho scelto la vita sono poi davvero libero?). Nella vita sono chiamato a fare una scelta: il Bene o il Male. A volte è una scelta chiara ed evidente. A volte non è così semplice. Devo lavorare su di me per comprendermi. e per comprendere il mondo. Ma non posso esimermi dalla scelta. Se no la vita sceglie per me o per meglio dire la mia non scelta è una scelta.

E quando il male io lo subisco? Ho di nuovo una libertà di scelta: la disperazione o l'elaborazione e l'accettazione. In genere la prima reazione nostra è la ribellione.
Gesù non era contento di finire in croce. Ma l'ha accettata per dimostrare con la sofferenza che il suo amore era vero nei nostri confronti. Mistero della sofferenza accettata per amore! Ma questo passo non è cosa che io posso fare da solo. Ho bisogno di sentirmi estremamente amato per farlo. Accettare la sofferenza che viene da fuori. Gesù sentiva e si fidava dell'amore del Padre. Io cerco di fare lo stesso. La fede è tale quando è fiducia che Dio mi ama anche quando non lo percepisco. Anche quando dò il giro con la macchina e non so dove sbattere la testa per recuperarne un'altra. Anche quando vedo morire mio padre lentamente di tumore. Anche quando penso che quel ragazzo della strage è amato da Dio, così come lo sono le vittime e non so perchè l'ha fatto.
Lui ha ceduto al male. Si perchè è possibile. Non è perchè il male è inconsistente che allora io non posso cedervi (è l'idea dell'inferno vuoto. stupidaggine!) Non si può negare che ci sono persone che si lasciano andare al male (anche 'che si lasciano andare a male' ci sta bene!) che si votano alla distruzione, alla perversione. Persino io posso alla fine cedere definitivamente al male, alla distruzione. (talvolta lo faccio anche io! Cedo al male. E chissà quante volte senza rendermene conto! In quel caso io non ho colpa morale ma le conseguenze - sostanziali - restano. Penso al danno che posso fare nel mio lavoro di educatore - mi vengono i brividi a pensarci - una parola non detta o detta a sproposito, un giorno che non sono in forma e non dedico attenzione a un allievo che ha bisogno... ) Ci si crede più che all'amore. Ma torno a dire che è una cosa un pò sciocca fare il male di proposito perchè il male è banale. Il bene è costruttore di tutto ciò che mi fa felice: le relazioni in primis.

In conclusione (perdona la lunga predica... mi è scappata di mano) dopo la scelta di adamo ed eva di mangiare del frutto della conoscenza del bene e del male Dio non ha potuto che confermare la scelta dell'uomo. L'hai voluta la bicicletta? Mò pedala!. Conosci ciò che è bene e ciò che è male. Scegli il bene e lascia il male e sarai felice.
Le "punizioni" di Dio non sono mai delle sentenze dall'alto. Sono le nostre stesse scelte che ci giudicano. Dio non fa altro che farci da specchio. Siamo noi che ci scegliamo l'inferno quando compiamo il male. Perchè ci auto-condanniamo a una scelta fatta di distruzione e non di costruzione. (tra l'altro l'inferno è inifinita solitudine! perchè è infinta mancanza di relazione. e la cosa triste è che c'è chi lo sceglie!). Finchè siamo in vita, la somma delle nostre scelte tra bene e male dà l'idea del "da che parte stiamo". Solo con la morte, le scelte di bene e di male diventeranno definitive. In vita possiamo sempre cambiare. Perchè sempre avremo la proposta d'amore di Dio da un lato e di distruzione di satana dall'altro. E sempre avremo almeno un range di libertà che ci permette di scegliere come vogliamo al punto che nè Dio nè satana possono violarla. (Dio potrebbe, ma non lo fa. Satana ci prova, ma non ci riesce. sempre a causa del gap Creatore - creatura).

Penso di averti tediato a sufficienza al punto che temo non vorrai più condividere nessuna tua riflessione... Però la proposta (buona) te la faccio lo stesso. Insieme alla conferma della nostra amicizia per me tanto preziosa.

Ora, invece vado a riposare sperando stanotte di poter dormire, a differenza delle precedenti.

Buona notte e buon tutto!
Un abbraccio forte forte.
wiwesh


Per questo Natale 2010, un racconto agrodolce di Pirandello. Il mio augurio è quello di leggere il racconto e pensare che la nostra risposta può essere diversa da quella dell'autore. AUGURI DI CUORE DA IVES.


Sentivo da un pezzo sul capo inchinato tra le braccia come l'impressione d'una mano lieve, in atto tra di carezza e di protezione. Ma l'anima mia era lontana, errante pei luoghi veduti fin dalla fanciullezza, dei quali mi spirava ancor dentro il sentimento, non tanto però che bastasse al bisogno che provavo di rivivere, fors'anche per un minuto, la vita come immaginavo si dovesse in quel punto svolgere in essi.

Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori... E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo:

- Buon Natale - e sparivo...

Ero già entrato così, inavvertitamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d'incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale. Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d'un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita.

Mi misi per la stessa via; ma a poco a poco l'immagine di lui m'attrasse così, da assorbirmi in sé; e allora mi parve di far con lui una persona sola. A un certo punto però ebbi sgomento della leggerezza con cui erravo per quelle vie, quasi sorvolando, e istintivamente m'arrestai. Subito allora Gesù si sdoppiò da me, e proseguì da solo anche più leggero di prima, quasi una piuma spinta da un soffio; ed io, rimasto per terra come una macchia nera, divenni la sua ombra e lo seguii.

Sparirono a un tratto le vie della città: Gesù, come un fantasma bianco splendente d'una luce interiore, sorvolava su un'alta siepe di rovi, che s'allungava dritta infinitamente, in mezzo a una nera, sterminata pianura. E dietro, su la siepe, egli si portava agevolmente me disteso per lungo quant'egli era alto, via via tra le spine che mi trapungevano tutto, pur senza darmi uno strappo.

Dall'irta siepe saltai alla fine per poco su la morbida sabbia d'una stretta spiaggia: innanzi era il mare; e, su le nere acque palpitanti, una via luminosa, che correva restringendosi fino a un punto nell'immenso arco dell'orizzonte. Si mise Gesù per quella via tracciata dal riflesso lunare, e io dietro a lui, come un barchetto nero tra i guizzi di luce su le acque gelide.

A un tratto, la luce interiore di Gesù si spense: traversavamo di nuovo le vie deserte d'una grande città. Egli adesso a quando a quando sostava a origliare alle porte delle case più umili, ove il Natale, non per sincera divozione, ma per manco di denari non dava pretesto a gozzoviglie.

- Non dormono... - mormorava Gesù, e sorprendendo alcune rauche parole d'odio e d'invidia pronunziate nell'interno, si stringeva in sé come per acuto spasimo, e mentre l'impronta delle unghie restavagli sul dorso delle pure mani intrecciate, gemeva: - Anche per costoro io son morto...

Andammo così, fermandoci di tanto in tanto, per un lungo tratto, finché Gesù innanzi a una chiesa, rivolto a me, ch'ero la sua ombra per terra, non mi disse:

- Alzati, e accoglimi in te. Voglio entrare in questa chiesa e vedere.

Era una chiesa magnifica, un'immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi e d'oro alla volta, piena d'una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava su l'altar maggiore pomposamente parato, con gli officianti tra una nuvola d'incenso. Al caldo lume dei cento candelieri d'argento splendevano a ogni gesto le brusche d'oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.

- E per costoro - disse Gesù entro di me - sarei contento, se per la prima volta io nascessi veramente questa notte.

Uscimmo dalla chiesa, e Gesù, ritornato innanzi a me come prima posandomi una mano sul petto riprese:

- Cerco un'anima, in cui rivivere. Tu vedi ch'ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l'anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un'anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d'ogn'altro di buona volontà.

- La città, Gesù? - io risposi sgomento. - E la casa e i miei cari e i miei sogni?

- Otterresti da me cento volte quel che perderai – ripeté Egli levando la mano dal mio petto e guardandomi fisso con quegli occhi profondi e chiari.

- Ah! io non posso, Gesù... - feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sulla persona.

Come se la mano, di cui sentivo in principio del sogno l'impressione sul mio capo inchinato, m'avesse dato una forte spinta contro il duro legno del tavolino, mi destai in quella di balzo, stropicciandomi la fronte indolenzita. E qui, è qui, Gesù, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa.

lUIGI PIRANDELLO


Qualche giorno fa ricevo una telefonata. Un assicuratore Ina ha ricevuto il mio numero per propormi una gentile offerta. Naturalmente non comodamente telefonica come fa la Telecom ma previo appuntamento all’ufficio dell’Assicurazione.
Vado per curiosità e per fare un’opera buona (chi può capire capisca), e mentre cammino ipotizzando il colloquio, sicuramente a colei che ha dato il mio numero all’assicuratore (che il Signore l’abbia in gloria) stanno fischiando le orecchie.
Entro in un ufficio cui dietro il tavolo troneggia un maxischermo al plasma che tiene quasi tutta la parete. L’assicuratore davanti a me assume il contorno di una “signorina buonasera” con la cravatta rosa a strisce e un sorriso a 32 denti. Per un attimo ho l’impressione di essere entrato per sbaglio nella sala provini per la pubblicità di un dentifricio.
Ma la cartella sul tavolo, piena di tabelle e grafici mi riporta al vero motivo per cui mi trovo lì. Il tipo leggermente insicuro (chissà perché poi.. io non ho mai messo granchè in soggezione chicchessia) inizia a farmi alcune domande “Quando pensa di andare in pensione?” Ci sono domande che riescono a spiazzarti anche quando ti sei preparato la risposta da tutta la mattina. “Ehm, se tutto va come deve andare a circa 65 anni”. Dopo di che un pensiero ti sfiora le meningi di diritto… se mai ci arrivi a 65 anni… . “che sarebbero tra circa 35 anni per lei”. D’un tratto colpo lo sguardo assente torna incerto agli occhi del mio originale interlocutore con solo un velo di imbarazzo per le mani che di colpo sono riaffiorate sul tavolo dopo essere inconsapevolmente scivolate poco sotto la patta dei pantaloni. “ehm certo”. E’ fatta. La conversazione è avviata. La lezione cominciata. Non faccio altro che annuire di quando in quando alle supposizioni sul mio futuro già visto in controluce da chissà qualche calcolatore. A 65 anni la mia pensione avrà il potere di acquisto di circa 500 euro. Naturalmente non potrà essere sufficiente al mantenimento. Sempre che non vada ad abitare in Congo. Non si può mai dire. Il coefficiente del governo nello stabilire le pensioni diminuirà regolarmente nei prossimi anni. Sempre che non succeda un boom economico. Questo è forse meno probabile della mia fuga in Congo. Ma andiamo avanti. Per correre ai ripari sarebbe bene cerarsi una pensione integrativa (ma erogata da chi? Dalla banca o dall’assicurazione?) per arrotondare la pensione. Eccolo arrivato al punto. Quando butta lì la cosa, dopo un discorso di mezz’ora dalla logica di ferro, ha lo sguardo basso e il tono di chi adolescente ti proponeva di adocchiare un giornaletto pornografico. Questa volta a essere spiazzato è lui. “A che pro?” come se fosse la cosa più normale di questo mondo che un pensionato non avendo più grosse spese da fare se ne vada in giro a spendere e spandere in divertimenti e gozzoviglie. “Lei non vede le cose nel modo realistico. Non si tratta di surplus. Parliamo solo di sopravvivenza”. Concesso. La vedo tragica. Dimenticavo le spese per la dentiera e il catetere. Però ancora non vedo ancora la motivazione che vada al di là dei meri miei interessi personali. Uno straccio di welfare esisterà ancora nel 2040, o no? per il mio nuovo amico sono troppo ottimista. Anche se io non posso fare a meno di leggere nei suoi occhi un ottimismo uguale e contrario riguardo la sopravvivenza dell’Ina. Fortunatamente noi non siamo in America. Che strano… mio padre pensava all’America in modo molto diverso da come io la penso oggi. Mio padre in America non c’è mai stato. Mio cugino si. Faceva l’ambasciatore in Francia per gli Usa. Ora che lui è in pensione in America non ci va più. “Sai - mi spiega in francese fluente ma con il tono saggio di chi ti mette in guardia dai troll in agguato - laggiù ci sono le Assicurazioni”. Non posso fare a meno di pensare a un animale strano con tanti tentacoli. Nel paese più libero del mondo si può morire di un’appendicite se non hai una assicurazione o peggio se ce l’hai ma non hai i soldi per mantenerla. Il figlio di mio cugino, che vive a Los Angeles, si è fatto furbo. Si è aperto una clinica privata. Tutto sommato si, credo che potrò forse andarlo a trovare pur con un misero E111.
“Dunque! Ad oggi quanto è disposto ad accantonare dei suoi introiti mensili?”. La cravatta rosa della mia signorina buonasera torna a fuoco. Cavoli, mi ero perso sognando la California. “Accantonare? Ma io non ho proprio niente da accantonare né oggi ne mai”. Mi sento scandalizzato. D’altra parte uno che ti propone un porno sotto banco… certe cose si sa, sono meglio dal vivo! Punto sul vivo come se mi avesse invitato a spogliarmi (che in un certo senso….) inizio il mio sermone. Tocca a lui ascoltare le mie invettive sull’America, sulle assicurazioni e sulle proposte che nulla hanno a che vedere con la storia del nostro paese. Che Dio abbia a cuore gli italiani. Li amo soprattutto per la loro arte di arrangiarsi. Sul fatto che a differenza degli efficientissimi nordici, non lasciano nessuno senza un piatto di minestra o una pizza. Naturalmente poi le cortesie vanno ricambiate, però….
E poi l’affondo: “come fa a farmi una proposta simile nella città che ha visto nascere le società di mutuo soccorso? La mutua l’hanno inventata i pinerolesi. La mutua: attenzione al sociale non al singolo” Mi spingo persino, ma in quel momento ho sentito le gengive restringersi, a citare Mussolini “che ha rubato l’idea della mutua per darla a tutti gli italiani”. Un brivido mi corre lungo la schiena ma tant’è: ormai è fatta e in fondo è per una buona causa. A quel punto il bravo venditore torna in se con un sorriso sornione. Leggo dietro la sua fronte un misto di rabbia e di pietà nei confronti della sua preda mancata. Si consola pensando “è un sognatore”. Si lo so. E so anche che la sua stoccata finale ha una reale possibilità di essere: a 65 anni, se mai ci arriverò, (altra toccatina fugace) rischierò di pesare sulle spalle dei giovani eventuali miei figli o al limite di mio figlioccio che a 13 anni si dimostra più oculato (tirchio?) di me e si fa dare i soldi del pop corn al cinema ma poi non li compra e li mette da parte. (La prossima volta, però, il biglietto se lo paga da solo!). Il rischio è reale e se voglio pensare seriamente al futuro non posso non prenderlo in considerazione. Non voglio essere un peso nella mia vecchiaia. Ma allo stesso tempo se metto quella firma, quei cento euro minimi da parte ogni mese, sono sicuro che non peserò (sicuro sicuro?), ma quanto peserà sulla mia coscienza la consapevolezza di aver distrutto gli ideali dei miei padri? Eccheggiano in me le parole di fuoco dei Vangeli: Portate i pesi gli uni degli altri. A ciascun giorno basta la sua pena. E infine la memoria del testo scritto sul ricordino di mio padre: “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in aggiunta”. La mia giustizia e la mia missione è evitare che il mio paese crolli sotto il peso di troppa liberalità ed egoismo. Si di questo sono convinto. Non posso firmare sebbene rischi il mio futuro.
Il provino è terminato. Lo sfortunato venditore si è alzato subito dopo di me. Ci stringiamo la mano
“Posso sperare di rivederla un’altra volta per continuare la conversazione?” domanda lui.
Si. Ma tra un po’. Magari quando saremo più liberi,… si, in pensione. Davanti a una buona tisana. A casa mia però. Il bar allora non potrò più permettermelo.

wiwesh.

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